NO ALLA LORO PIATTAFORMA.
no ai loro giochi di potere.
In questi giorni i soliti nonché futuri firmatari di contratto stanno convocando freneticamente lavoratrici e lavoratori sull’intero territorio nazionale in un inedito, quanto finto, esercizio di democrazia per discutere della ipotesi di piattaforma per il rinnovo contrattuale.
Inedito perché nei processi di rinnovo finora i lavoratori sono stati interpellati direttamente per le ipotesi contrattuali e non per la loro piattaforma. Finto perché le procedure assembleari prevedono verbalizzazioni a senso unico (a firma della presidenza dell’assemblea). Freneticamente perché i lavori di rinnovo sono iniziati sempre con anni di ritardo e una volta anche saltando una contrattazione.
È evidente che avvertono una certa urgenza. Cioè, quella fretta di posizionare le lobby sindacali in maniera strategica nel probabile imminente contesto di ulteriore privatizzazione al quale formalmente fingono di opporsi ma che nella pratica hanno sposato da subito. Sin dal 1997 quando poste da Ente pubblico si è trasformato in SpA grazie, anche, ad uno sciopero generale da loro indetto per accelerarne le procedure. Proseguendo col silenzio assenzo, se non con convinte soddisfazioni, alla prima tranche di privatizzazione del 2015.
Più che di una tranche per costoro possiamo tranquillamente affermare che si è trattato di una vera e propria trance. Una tranche per gli agguerriti e affamati privati, mentre una trance per questi falsi rappresentanti della classe lavoratrice. Da vocabolario: una perdita di coscienza.
Da quel 2015 ad oggi, affiancando, condividendo e sottoscrivendo tutte le politiche aziendali che nel senso privatistico si sono andate definendo. Riduzione del personale, chiusura uffici, accorpamenti, riorganizzazioni, aumento dei carichi, aumento dello stress riconducibile al malessere generale degli operatori in trincea per le insistenti pressioni psicologiche, aumento delle flessibilità, fatale diminuzione della sicurezza, estremizzazione della precarietà.
Tutte dinamiche alle quali ci opponiamo sistematicamente ogni giorno da anni sui luoghi di lavoro dove siamo presenti, nelle comunicazioni, nelle lotte territoriali e negli scioperi nazionali. Siamo stati da sempre contrari alle privatizzazioni, tutte, e da sempre a quella di poste, già dagli anni novanta, passando per lo sciopero del 7 aprile del 2014 contro la privatizzazione, e prima che questa si concretizzasse. Contrarietà che abbiamo rinnovato in ogni sciopero indetto, quelli nazionali della categoria postale e quelli sistematici delle prestazioni straordinarie.
I firmatutto, intanto, facevano finta di niente.
Assecondavano il potere. E continueranno a farlo. È quel che sanno fare meglio. È il loro posizionarsi nelle maglie delle gestioni aziendali. Lo fanno da sempre ed è il motivo dell’accelerata contrattuale della ipotesi presentata ai lavoratori in questi giorni.
Questa, infatti, ammicca ai lavoratori con una serie di novità che mai hanno fatto parte delle loro rivendicazioni, mai delle loro azioni sindacali, scopiazzando qua e là e attingendo dalle lotte del sindacalismo di base in azienda. E lo fanno con grande approssimazione e superficialità e con l’atteggiamento della contraddizione di cui si dichiarano, ancora una volta, abili mestieranti.
• Come fanno ad introdurre il discorso del turn-over quando per anni hanno firmato tutti gli accordi delle politiche attive volute dall’azienda e che hanno contribuito a ridurre il personale occupato di decine di migliaia di unità?
• Come fanno a parlare di riduzione dell’orario di lavoro senza dire in maniera chiara ed inequivocabile che è necessario ristabilire una piena occupazione anche dei livelli persi negli ultimi anni attraverso assunzioni esterne e soprattutto con la stabilizzazione dei ctd che hanno operato in azienda e che altrimenti la riduzione dell’orario si configura come ulteriore intensificazione dei carichi?
• Come fanno ad essere generici sull’aumento economico senza specificare quanto di questo verrà erogato in salario diretto, quanto in welfare, quanto in fondi e in quante dilazioni? Senza negare che questi sono tutti strumenti di impoverimento?
• Come fanno a chiedere criteri di trasparenza degli ad personam senza identificare questi come uno strumento di iniquità salariale dei dipendenti e che con la ridistribuzione di questi potremmo permettere a tutti una remunerazione che meglio si adatti ai mutamenti delle contingenze economiche attuali e in divenire?
• Come fanno a dirsi contrari alla privatizzazione se quella esistente l’hanno voluta, l’hanno sostenuta, e se continuano a proporci sistemi di welfare occupazionale, fondoposte, fondosalute, addirittura rafforzando la consistenza di tutti questi che sono mezzi della privatizzazione non solo di poste ma di tutti gli organismi coinvolti in questi servizi?
Sono contrari alla privatizzazione di poste? che mettessero in piedi istanze per restituire l’azienda interamente in mani pubbliche.
Così tanto superficiali su questioni più strettamente relative a chi lavora, quanto, invece, prolissi e specifici su tutti i vantaggi per sé stessi, i propri apparati ed i propri privilegi, che proverranno a portare a casa, nelle conseguenti trattative, i sindacati che firmeranno anche il prossimo contratto che taglia e toglie reali aumenti salariali come anche basilari e irrinunciabili diritti.
Spudoratamente, i tentativi sono da anni quelli di insediarsi nei luoghi di gestione del potere, lo fanno in vari modi, uno di questi è quello di istituzionalizzare nuovi comitati paritetici, organismi bilaterali, osservatori nazionali, rappresentanza nel fondo sanitario con appositi organismi, rafforzamento delle attività sindacali ma solo di quelle stipulanti il contratto, perfezionamento di tutti gli organismi già esistenti.
Presenze e poltrone nei luoghi strategici, ma anche secondari, delle scelte aziendali per partecipare a queste in chiave aziendalista come ci hanno abituati a fare e senza che tutti questi posizionamenti abbiano un riscontro reale, vantaggioso e di conoscenza per i lavoratori.
Proposte di costituzione di luoghi deputati a decisioni e monitoraggio in ambito di digitalizzazione, nuove tecnologie e intelligenza artificiale; osservatorio sulle proposizioni commerciali; analisi monitoraggio valutazione e governance sulle politiche attive; informative su carichi di lavoro, contratti part-time, straordinari, distacchi, consulenze, formazione.
Non processi di opposizione, ma di conoscenza e di cogestione.
Come se per prendere consapevolezza degli effetti drammatici del calo del personale, verificabile in un qualsiasi ufficio di un qualsiasi territorio e di un qualsiasi settore, avessero bisogno di più tavoli appositamente contrattualizzati con dei prezzolati funzionari aziendali e dei prezzolati funzionari sindacali che tra un caffè ed una pausa pranzo, con infografiche, slide e statistiche riassuntive discutono e cercano di comprendere tutte le quotidiane sofferenze di chi lavora e produce per mantenere calde le loro poltrone e assicurare lauti profitti a manager ed azionisti.
Ma questo tentativo di posizionamento raggiunge il suo apice nella scalata dei consigli di amministrazione e delle assemblee degli azionisti da parte di queste organizzazioni che di sindacale non hanno più niente e in nome di una partecipazione dei lavoratori alle briciole economiche (azionariato dei dipendenti). Col rischio di legare le vicende salariali a quelle degli andamenti di borsa dell’azienda.
Tutto, purché venga riservato a questi, che seguitano a definirsi sindacati, un posto al tavolo delle scelte d’azienda.
Non più sindacati, controparte dei datori in nome dell’interesse collettivo dei lavoratori, ma parte integrante e integrata delle dinamiche imprenditoriali, manageriali e di azionariato.
Completamente snaturati dalle prerogative di quelle che dovrebbero essere organizzazioni di lavoratori, nel nome dei cui interessi dovrebbero muoversi, fino a diventare una parte altra che segue propri specifici interessi che sono certamente più vicini a quelli di una azienda come poste che a quelli di chi, invece, ci lavora.
Ci opponiamo a questi ultimi come ci opponiamo da sempre a tutte le dinamiche che continuano a mettere in sofferenza noi lavoratrici e lavoratori.
Lo facciamo da sempre nelle azioni e quotidianamente nei luoghi di lavoro e lo faremo nei prossimi giorni nelle assemblee votando no alla piattaforma di rinnovo proposta.
È ora di opporsi ai loro giochi di potere, alle assemblee trabocchetto. È ora di contrastare chi senza scrupoli cerca di ingannarci.