Negli ultimi 30 anni, visto che il primo ccnl volto al conseguimento dello sfruttamento del personale è quello del 1994, con la fine delle Poste ministeriali e la nascita dell'Ente Poste, prodromica alla successiva SpA, Poste Italiane ha subito una trasformazione radicale. Da pilastro del servizio pubblico a macchina orientata al profitto, il processo di privatizzazione ha progressivamente eroso la missione originaria dell’ente. Un cambiamento sistemico, favorito da 𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮𝗹𝗶 𝗮𝗴𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗲, 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗶𝗰𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗶𝗻𝗱𝗮𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗲𝗱𝗲𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗱𝗮 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗲 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝘁𝗲𝘀𝗲 𝗮 𝘀𝗺𝗮𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲, 𝗽𝗲𝘇𝘇𝗼 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗽𝗲𝘇𝘇𝗼, 𝗶𝗹 𝗽𝗮𝘁𝗿𝗶𝗺𝗼𝗻𝗶𝗼 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗼.
𝗟𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝘃𝗶𝘃𝗲 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗣𝗼𝘀𝘁𝗲 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗲 𝗲̀ 𝗱𝗮 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗰𝗮𝗿𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗮 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗼 𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝗶𝗰𝘂𝗿𝗲𝘇𝘇𝗮.
Una realtà che risulta ormai insostenibile sotto molteplici punti di vista: occupazionale, salariale, organizzativo e, non da ultimo, etico, rispetto al ruolo politico e industriale che l’azienda sta assumendo a livello internazionale.
𝗗𝗲𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗱𝗮 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗺𝗮𝘀𝘀𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝗽𝗿𝗲𝗰𝗮𝗿𝗶𝗼 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗶 𝗮 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗱𝗲𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 (𝗖𝗧𝗗), che sostengono interi comparti operativi, dal recapito alla logistica, coprendo esigenze che l’azienda non può più negare siano di natura strutturale.
La mancata stabilizzazione di queste lavoratrici e lavoratori non è solo una scelta organizzativa discutibile: è una forma di sfruttamento sistemico, che alimenta la discontinuità salariale e il ricatto occupazionale.
A ciò si aggiungono le continue 𝗿𝗶𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮𝗹𝗶, 𝗶𝗻𝘁𝗿𝗼𝗱𝗼𝘁𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗹’𝘂𝗻𝗶𝗰𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝗱𝘂𝗿𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗻𝗰𝗿𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗶 𝗰𝗮𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶 𝗱𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝘀𝘂 𝗰𝗵𝗶 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮, senza alcun confronto preventivo né valutazione dell’impatto sociale, umano e produttivo.
Tali scelte aggravano una carenza strutturale di risorse, in tutti i settori aziendali, che si traduce in condizioni di lavoro estenuanti e provoca gravi ricadute negative, soprattutto, sul servizio universale e, dunque, sulla collettività.
Un passaggio cruciale è rappresentato dalla recente ristrutturazione del recapito, che introduce 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗶𝗱𝗱𝗲𝘁𝘁𝗮 “𝗥𝗲𝘁𝗲 𝗖𝗼𝗿𝗿𝗶𝗲𝗿𝗲”: 𝘂𝗻 𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗺𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗱𝗲 𝗹’𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗮𝗿𝗶𝗼 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗮 𝟯𝟵 𝗼𝗿𝗲 – 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼𝘁𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝗯𝗮𝘁𝘁𝗶𝘁𝗼 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼. Una misura che molti osservatori leggono come il preludio a una cessione del recapito a operatori privati, con il rischio concreto di maggiore sfruttamento del personale e ulteriori problemi di sicurezza sul lavoro.
Contestiamo con fermezza le scelte aziendali in tema di politiche retributive. 𝗚𝗹𝗶 𝘀𝘁𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻𝘀𝘂𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗮 𝗳𝗮𝗿 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮, 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗿𝗲 𝗶 𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗺𝗶 𝗱𝗶 𝘄𝗲𝗹𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮𝗹𝗲, 𝗲 𝗹𝗮 𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗻𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗹𝗲𝗴𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝗮𝗹𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗮𝗶 𝗹𝗶𝘃𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁𝗮̀ 𝗼 𝗮𝗹 𝗿𝗮𝗴𝗴𝗶𝘂𝗻𝗴𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗼𝗯𝗶𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗻𝘀𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗻𝗼 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮, 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮𝗻𝗼 𝘂𝗻 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗲𝗿𝗳𝘂𝗴𝗶𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗴𝗿𝘂𝗶 𝗲 𝗴𝗶𝘂𝘀𝘁𝗶 𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝗮𝗹𝗮𝗿𝗶𝗮𝗹𝗶.
In parallelo, assistiamo a un uso sempre più strumentale e repressivo del potere disciplinare, con provvedimenti spesso arbitrari e sanzionatori, finalizzati a colpire comportamenti sindacali, dissenso o semplice espressione del disagio lavorativo.
Infine, e non ultimo in ordine di importanza, riteniamo doveroso aprire una vertenza pubblica e sindacale sul ruolo assunto da Poste Italiane nell’ambito delle politiche estere e degli scenari di guerra in atto, in particolare in Palestina.
Non possiamo accettare che un’azienda a partecipazione pubblica e incaricata di un servizio universale si trovi coinvolta, direttamente o indirettamente, in attività logistiche e finanziarie a sostegno di governi coinvolti in gravi violazioni del diritto internazionale.
Chiediamo con forza:
• 𝗟’𝗶𝗺𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮𝘁𝗮 𝘂𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗣𝗼𝘀𝘁𝗲 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗲 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗠𝗲𝗱-𝗢𝗿, legata al gruppo Leonardo, principale fabbrica d’armi dell’Unione Europea e attiva nel commercio di tecnologie belliche verso Israele;
• 𝗟𝗮 𝘀𝗼𝘀𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗺𝗮𝘁𝗲𝗿𝗶𝗮𝗹𝗶 𝗱𝘂𝗮𝗹-𝘂𝘀𝗲 (𝗮 𝘀𝗰𝗼𝗽𝗼 𝗰𝗶𝘃𝗶𝗹𝗲 𝗲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲) 𝗱𝗮 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗣𝗼𝘀𝘁𝗲 𝗔𝗶𝗿 𝗖𝗮𝗿𝗴𝗼 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗜𝘀𝗿𝗮𝗲𝗹𝗲, in ottemperanza ai principi di neutralità, trasparenza e rispetto dei diritti umani.
Tali operazioni, espongono Poste Italiane al rischio di complicità oggettiva in atti internazionalmente qualificabili come crimini di guerra o genocidio.
𝗔𝗹𝗹𝗮 𝗹𝘂𝗰𝗲 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝘀𝗼𝗽𝗿𝗮 𝗲𝘀𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼, 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗰𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗹𝗼 𝘀𝗰𝗶𝗼𝗽𝗲𝗿𝗼 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗼𝗿𝗱𝗶𝗻𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝟭𝟵 𝗹𝘂𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗮𝗹 𝟭𝟵 𝗮𝗴𝗼𝘀𝘁𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟱