SCIOPERO 29 NOVEMBRE

Lo sciopero generale del 29 novembre rappresenta anche per le lavoratrici ed i lavoratori di poste una tappa importante sia per le istanze sociali sia per quelle lavorative che chi scenderà in piazza rivendica, e così come fanno i cobas in poste, non solo nella giornata di sciopero ma nelle lotte di tutti i giorni dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Le privatizzazioni rappresentano la sistematica sottrazione alle collettività di beni e servizi che vengono messi a gran profitto da pochissimi e a discapito di tutti gli altri: utenti e lavoratori.
Ancora una volta lo sciopero del 29 esprime la contrarietà ad ogni privatizzazione, ed ancor più a quella di poste italiane, in ogni sua forma: vendita di quote azionarie, retribuzioni in welfare aziendale, fondi sanitari privati, fondi pensionistici privati.

Condizioni Lavorative che siano dignitose e che non perdano ad ogni rinnovo contrattuale le faticose conquiste di diritti che armonizzano da decenni la vita lavorativa con quella reale. Ne sono un esempio l’aumento dei carichi lavorativi, gli aumenti di flessibilità operative come distacchi, richieste di straordinari, richieste di mansioni superiori, sopperire alla mancanza cronica e crescente di organico, aumento delle responsabilità, aumento dei rischi, uso abnorme di ctd.



Siamo il peggior paese d’Europa in quanto ad adeguamento dei salari al costo della vita. A fronte di un incremento inflazionistico e delle previste politiche economiche e fiscali della legge di bilancio 2025, i minimi tabellari vedranno un irrisorio e irrispettoso aumento dilazionato in quattro anni e che non arriveranno neanche lontanamente a pareggiare le spese dei beni di prima necessità. Mentre sempre crescenti sono gli utili della azienda e i dividendi degli azionisti. Frutto della nostra fatica e delle scarse retribuzioni.

Le logiche di profitto e di aumento dei ricavi, per manager ed azionisti, calpestano ogni forma di rispetto per i lavoratori. Che diventano persino un peso di cui liberarsi o comunque adoperabile solo per il tempo esatto dell’esigenza aziendale. Nella perfetta aderenza ad una società consumistica là dove persino il lavoratore, con le sue umanità, esigenze esistenziali, la sua famiglia, diventa oggetto di consumo. Ne sono esempio, il più drammatico di poste, i 90.000 precari che hanno lavorato in azienda negli ultimi anni.

Il DDL 1660 è solo la punta dell’iceberg di un disegno repressivo di una classe politica, ancor più delle precedenti, che non accetta nessuna forma di dissenso. I cui effetti sono percepibili già da subito, e anche in poste, con le continue ostruzioni agli scioperi dalla commissione di garanzia nata da una legge 146 del 1990 chiamata “anti-cobas” voluta anche dai sindacati concertativi. Non ultima la limitazione degli scioperi degli straordinari imposta al mercato privati contro la quale stiamo organizzando azioni legali.

 manifest

3salari

4precariato

5repressione

 

Informazioni

Cobas poste è un organismo sindacale di base composto esclusivamente da Lavoratrici e Lavoratori che attraverso l'autorganizzazione mettono in atto la contrarietà alle politiche aziendali tese all'esclusivo profitto per manager ed azionisti. Rivendicando il servizio offerto come bene necessario per la collettività esercitano una molteplicità di azioni ad autosalvaguardia dell'operato e della integrità di chi lavora ogni giorno.  

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