Che ne sanno i governi che denazionalizzano, che ne sanno gli amministratori delegati, che ne sanno i tanti manager, cosa ne sanno gli azionisti quando intascano i dividendi, cosa ne sanno quei sindacati che ci parlano di azionariato ai dipendenti.
Cosa ne sanno di discussioni, di dibattiti, di sintesi, di levatacce alle quattro di mattina, di stampe domestiche e di volantini distribuiti, cosa ne sanno quelli che hanno provato a boicottare lo sciopero di ieri, come boicottano da sempre le nostre azioni. Cosa ne sanno di “partecipazione dei lavoratori” se ne parlano in termini di azionariato pur dicendosi ipocritamente contrari alla privatizzazione di poste.
Cosa ne sanno, loro, di quanta partecipazione siamo capaci noi. Di quanta democrazia dal basso esprimiamo.
Cosa ne sanno di quante idee abbiamo, di quanta competenza possediamo.
Noi lavoratrici e lavoratori ne sappiamo certamente più di tutti loro messi assieme.
Ieri il nostro dibattito pubblico non ha avuto un attimo di sosta, abbiamo riempito lo spazio fisico e politico dello sciopero con tre ore ininterrotte di confronto con decine di interventi: precari, lavoratrici, lavoratori, pensionati, avvocati, parlamentari, consumatori, giuristi, società civile, cittadini.
Tutti indipendentemente da appartenenze politiche e sindacali.
Ieri a Milano e a Roma eravamo la parte più bella di questa azienda e di questo paese,
eravamo bellissimi come il Pantheon pieno di sole e di colleghi,
eravamo bellissimi come tutta la nostra rabbia e tutta la nostra allegria.